Bollettino creativo n.96

Da giovedì a lunedì siamo stati nello stand di Sefirot al Salone del libro di Torino… è stato un parto per i piedi e uno spettacolo per il cuore 😍 Un grazie speciale a chi di voi è riuscito a fare un salto per salutarci e un grazie specialissimo a Estel, Enrica, Anna, Alizé, Francesca, Umberto e Matteo Ufocinque che sono stati con noi in prima linea!

L’ultimo giorno Matteo ha detto a Pierpaolo (che ci legge): «Abbiamo ricevuto così tanti stimoli e in così poco tempo che stiamo facendo fatica a elaborarli». Ci proviamo lo stesso, come direbbe Jep Gambardella, in ordine sparso.

🦊🦊🦊 Intanto le cose più belle

  • Conoscervi di persona è stato toccante. C’è chi ci ha visti e si è fermato per dire «Ce l’ho! Intùiti ce l’ho!» o «Ah, questo è geniale!» (gongolavamo tantissimo 😂). C’è chi ci ha fatto rimanere del tutto senza parole: una ragazza ci ha detto che Fabula le ha cambiato la vita e le ha fatto finire un romanzo su cui era bloccata da mesi, e un ragazzo ci ha ringraziato perché secondo lui facciamo qualcosa di importante non solo dal punto di vista creativo ma anche umano. E noi che abbiamo la parlantina facile non sapevamo davvero cosa rispondere (e ci siamo pure dimenticati i loro nomi): eravamo commossi. Grazie ❤️
  • Mario ha venduto un sacco di copie! C’era un tormentone tra Matteo e Enrica in stand (lei lo sfotteva, diceva che nessuno l’avrebbe comprato e, tutte le volte che qualcuno lo sceglieva, Matteo le diceva sottovoce «Tiè!» 😂). Il primissimo ad averlo è stato Cristian che ci legge e che ci ha già mandato commenti positivi: grazie, hai portato bene!

🦊🦊🦊 Il nostro obiettivo

Noi siamo andati al Salone di Torino, la fiera del libro più importante in Italia, perché volevamo iniziare a “esistere”. Editore indipendente è spesso sinonimo di editore piccolo con poche risorse (all’interno di un’industria che notoriamente piange miseria); se poi sei editore indipendente che vende solo online, oh mamma, la percezione è pessima. Per questo abbiamo preso uno stand da 24mq che, detto in parole povere, significa: «Esistiamo, siamo concreti e quello che facciamo sta generando un profitto».

Insomma, è stato un investimento di brand awareness e crediamo abbia funzionato: abbiamo parlato con alcuni professionisti del settore che già conoscevamo e che hanno cambiato atteggiamento nei nostri confronti. Non è una questione di vanità, è pura praticità: abbiamo bisogno di stringere alleanze, collaborazioni, e risparmiamo tempo se non dobbiamo spiegare ai nostri interlocutori che sappiamo quel che facciamo, che ha un mercato e che funziona.

🍝🍝🍝 Il bilancio

Pubblichiamo in maniera trasparente due numeri perché crediamo che possa essere utile per chiunque lavori (o voglia lavorare) in questo settore.

Spese: 6500€ circa.

  • 2200€ di spazio;
  • 1700€ di allestimento (pareti con grafica, allaccio elettrico, moquette);
  • 800€ di mobili (abbiamo comprato tutto da Ikea, sono oggetti che possiamo riutilizzare in futuro);
  • 800€ di venditrici (indispensabili!),
  • circa 1000€ di varie ed eventuali (pos, furgone, shopper, biglietti da visita ecc.)

Incassi: 7600€ di vendite al pubblico.

Considerazioni: è andata molto bene. Siamo rientrati dei costi e abbiamo avuto la possibilità di presentare i nostri prodotti a oltre 5000 persone e di essere visti da una parte dei 150mila visitatori che ci sono stati durante i cinque giorni. Brand awareness gratis insomma 🍒

🐈🐈🐈 Riflessioni sul Salone

È un evento per vendere al consumatore finale. Gli editori medio-piccoli espongono una sovrabbondanza di titoli sui loro tavoli (gli conviene: se vendono in maniera diretta ai clienti non devono dare il solito 60% circa al distributore); lo stesso fanno i colossi (Mondadori, Feltrinelli) costruendo delle vere e proprie librerie dentro cui folle di visitatori si accalcano per comprare gli stessi libri che possono trovare nei negozi in centro. Osservando questo fenomeno curioso possiamo capire la logica del distributore, che chiede costanti novità agli editori.

Insomma, lo stile di vendita è quello della libreria e della coda lunga: si espone tanto e si cerca di vendere con una logica “pull” (si attende che il cliente legga le quarte di copertina e scelga il libro che preferisce).
È per questo motivo che, dei quattro enormi padiglioni, l’Oval pur essendo architettonicamente più gradevole è in genere il meno amato dagli espositori perché più distante dall’entrata principale e quindi meno affollato. Noi eravamo in quello 😂, proprio in fondo, e in verità dobbiamo dire che ha funzionato bene: al contrario di altri editori, noi dobbiamo spiegare i nostri prodotti (a ogni persona che si avvicinava ai banchi, scattavamo subito con un «Ciao! Conosci già Sefirot?») e abbiamo trovato vantaggioso avere un’affluenza di pubblico meno intensa.

👉 Ci è dispiaciuta la mancanza di uno spazio per il networking. C’è una lounge privata nel piano rialzato dell’Oval (dove Matteo con la sua faccia di tolla si è ovviamente imbucato) che ha quel sapore del Griboedov del Maestro e Margherita: si entra solo su invito e si osserva il padiglione dall’alto bevendo caffè e vino offerti dagli sponsor. Un vero peccato: ci sarebbe piaciuto un luogo ad hoc, aperto, per conoscere altri editori e professionisti. Alla fine abbiamo compensato preparando borse di prodotti da regalare ed entrando negli stand di quelli che ci piacevano come dei buoni vicini appena trasferiti nel quartiere 😂

🌈 Takeaway: cercare di mescolarsi il più possibile
Stringere le mani, vedere gli occhi che sorridono o si sgranano, le battute che volano, non è come parlare al telefono o scriversi via mail. Ci siamo resi conto di avere una voglia matta di maggior contatto, sia con chi conosce i nostri prodotti e li usa, sia con altri professionisti (editori, redattori, illustratori, scrittori, imprenditori ecc.) con cui potersi confrontare e lavorare insieme per comprendere i meccanismi di oggi e cavalcarli o cambiarli. In tanti ci hanno chiesto «Ma avete un ufficio dove posso passare a Torino?» e noi ci siamo morsi la lingua perché siamo tutti in smart working. Abbiamo visto un locale di 450mq proprio oltre la Dora, dove si potrebbe creare un luogo di aggregazione per creativi e ci è venuto in mente un «Casa Sefirot» ma forse è troppo presto... chissà 😉

Con ❤️,
Matteo e Andrea


*** Bollettino creativo di Sefirot ***

In questo bollettino raccontiamo come gestiamo una casa editrice.
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