Breve guida all'assunzione in Italia
Ovvero come smettere di dire assurdità quando si parla di contratti 😂
👉 Perché abbiamo scritto questa guida
Ci siamo ritrovati a litigare sulla tematica dei contratti di assunzione in Italia e ci siamo resi conto che le persone con cui stavamo discutendo parlavano per sentito dire e che anche noi, pur avendo un'azienda da due anni, non avevamo informazioni precisissime. Così ci siamo seduti per due ore con il nostro consulente del lavoro e abbiamo tirato giù uno schema per fare un po' di chiarezza.
Introduzione
L'assunzione di un nuovo dipendente è un momento fondamentale, e come tale porta con sé spesso dubbi e incertezze. Quale contratto posso offrire al dipendente? Quale impegno vuole/può assumere l'azienda nei confronti di una nuova risorsa, indispensabile per la crescita ma che ancora non si conosce appieno?
Per rispondere a queste domande è necessario conoscere le possibilità a disposizione per l'assunzione in Italia. Nella nostra esperienza di gestione di Sefirot ci siamo resi conto di quanto poco ne sappiamo.
👉 L’ignoranza in questo campo è pericolosa, perché impedisce di prendere le corrette decisioni e porta a assumersi impegni non sostenibili o, al contrario, a fare offerte non adeguate alla posizione ricercata.
La figura del consulente del lavoro dovrebbe guidare nella scelta: oltre a occuparsi della preparazione delle buste paga e delle altre formalità burocratiche, è un consulente che, conoscendo la legislazione in materia lavorativa e tutte le possibilità aperte da essa, orienta alla scelta l’azienda indicando la soluzione migliore in base alle esigenze.
Condividiamo qui quello che abbiamo imparato grazie al nostro studio di consulenti del lavoro, lo Studio Furfaro, e grazie al nostro amico Enrico Lingua che si occupa di risorse umane in una grande azienda.
NB: Ciò che segue è una estrema semplificazione di carattere generale. Non è indicativa per i casi particolari, non tiene conto dei diversi CCNL (vedi sotto), e ha il solo scopo di dare un’idea generale della situazione senza pretesa di esaustività.
Che cosa disciplina i contratti di lavoro?
Il Diritto del Lavoro disciplina i contratti di lavoro. Può essere consultato con l’aiuto di compendi come il Compendio 2020:
https://www.libreriauniversitaria.it/compendio-2020-guida-applicazione-norme/libro/9788899483302
In esso si trovano riassunte tutte le norme fondamentali, e la giurisprudenza significativa, per ogni possibile caso.
Le norme sul diritto del lavoro possono essere modificate, esclusivamente in meglio per il dipendente, dal CCNL (Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro). Ogni categoria ha il proprio CCNL che, come detto, disciplina il lavoro dei dipendenti di quel particolare ramo.
Quali sono i contratti possibili di assunzione in Italia?
1) Stage
😍 Ideale se: vuoi assumere un giovane per una mansione poco qualificata, devi insegnare un lavoro per inserire in futuro la risorsa.
🤢 Impossibile se: la mansione è molto impegnativa/qualificata, lo vuoi pagare tanto, la risorsa ha già fatto uno stage con la stessa mansione.
A dire il vero lo stage non è considerato un rapporto di lavoro, ma è un rapporto di formazione. Può durare da 1 a 6 mesi, è rinnovabile 1 volta ma la durata totale non può superare in ogni caso i 6 mesi.
I soggetti in uno stage sono tre: il tirocinante, il soggetto ospitante (l’azienda presso la quale avviene lo stage) e il soggetto promotore (ad esempio l’università o altro ente di formazione).
Essendo un rapporto di formazione, l’azienda deve documentare la formazione con appositi registri e nominare un tutor che sarà responsabile del tirocinante. Per lo stesso motivo le mansioni non devono essere sproporzionate: ad esempio il dipendente non può essere troppo qualificato e non può essergli garantita troppa autonomia.
Per la retribuzione vale lo stesso criterio: non deve essere sproporzionata, è considerata un rimborso spese. Non viene definito il massimo ma è chiaro che non può essere pari a quello di un dipendente inquadrato (se ti pago come un dipendente, perché ti sto formando?).
Lo stage può essere interrotto in qualsiasi momento da entrambe le parti, e non può essere ripetuto con la stessa mansione dalla risorsa nemmeno in un’altra azienda.
2) Somministrati/interinali
😍 Ideale se: hai bisogno di un dipendente ma non puoi/vuoi assumere, vuoi delegare la ricerca della risorsa.
I rapporti somministrati sono quelle assunzioni fatte attraverso un’agenzia del lavoro. Anche in questo caso non è corretto parlare di rapporti di lavoro con l’azienda in quanto il dipendente è di fatto un dipendente dell’agenzia, alla quale l’azienda paga fattura a fine mese. Il costo per l’azienda è molto elevato (paga all’agenzia anche il doppio rispetto a quello che pagherebbe per lo stesso dipendente), ma ci sono vantaggi: in primis il lavoratore non è un dipendente dell’azienda, che quindi non deve occuparsi di malattia, maternità ecc. Inoltre è l’agenzia a effettuare il recruitment, e il contratto può essere stipulato e non rinnovato senza causale.
Alla stessa risorsa possono essere fatte 6 proroghe all’interno di 12 mesi. Si possono superare i 12 mesi inserendo una causale che deve essere però molto precisa e documentabile. In era Covid ci sono state diverse deroghe a questo limite di proroga.
3) Contratto a tempo determinato
😍 Ideale se: vuoi assumere ma non sei sicuro tra un anno di avere bisogno di quella risorsa, vuoi avere un anno in più senza indeterminato, hai un progetto di durata prestabilita.
🤢 Da non fare se: cerchi agevolazioni, vuoi risparmiare sul contratto.
Esiste! In Italia è possibile assumere a tempo determinato. Il contratto può avere durata da 1 a 12 mesi, può essere rinnovato al massimo 4 volte, ma la durata totale non può superare comunque i 12 mesi complessivi senza motivazioni. Può però arrivare a 24 mesi totali se vi sono motivazioni straordinarie o sostitutive (esempio sostituzione lavoratrice in gravidanza). Si può ad esempio assumere la stessa risorsa con 4 contratti consecutivi da 3 mesi l’uno, ma non con 2 contratti da 7 mesi senza causale. Se prorogato, il rinnovo deve essere immediatamente successivo alla scadenza (deve esserci continuità). Non si può ad esempio assumere una persona per 6 mesi, lasciarla a casa 1 mese, e poi riassumerla con un determinato di 6 mesi, a meno che non si possano fornire giustificazioni valide e dimostrabili.
Il contratto determinato può non essere rinnovato a scadenza. Può essere trasformato in qualsiasi momento in contratto a tempo indeterminato, anche di apprendistato purché abbia senso (se ti ho fatto lavorare per 12 mesi con stipendio pieno perché dopo i 12 mesi sto dicendo che hai bisogno dell’apprendistato?).
Questo contratto non prevede nessun tipo di agevolazione ed è leggermente più costoso per l’azienda di quello indeterminato.
4) Apprendistato professionalizzante
😍 Ottimo se: vuoi inserire una risorsa gradualmente, devi formare una risorsa in vista di un indeterminato, vuoi assumere un giovane.
🤢 Impossibile se: la risorsa che vuoi assumere ha più di 30 anni.
È un contratto a tempo indeterminato che ha un momento di mutua rescindibilità alla scadenza. In poche parole alla fine del contratto (di solito di 3 anni, 5 per il settore artigiano) sia il datore di lavoro che il dipendente possono decidere di non rinnovare.
La risorsa deve avere meno di 30 anni al momento della stipula del contratto, ogni anno ha uno “scatto” fino ad arrivare al livello desiderato. Lo scopo è quello di inserire gradualmente l’apprendista e insegnargli il lavoro. È un contratto molto conveniente per il datore di lavoro in termini di tassazione, ma anche la risorsa paga meno tasse e viene formata.
Si sente parlare spesso di...
Periodo di prova
Tutti i contratti di lavoro (determinato, indeterminato e apprendistato) lo possono prevedere. La durata varia in base al livello (un dirigente ha un periodo di prova più lungo di un impiegato) e ovviamente dal CCNL. Il periodo di prova deve però essere specificato sul contratto, e le mansioni svolte devono essere quelle previste. Durante questo periodo il lavoratore può non essere confermato a discrezione del datore di lavoro senza obbligo di motivazione o preavviso. Naturalmente il motivo non deve essere la discriminazione, ma anche motivi esterni alla professione possono essere validi.
Maternità
Al netto di eventuali differenze di particolari CCNL, la maternità standard dura 5 mesi, di solito da 2 mesi prima del parto a 3 mesi dopo, ma questa scansione è variabile.
Durante la maternità classica di 5 mesi la risorsa percepisce il 100% dello stipendio. Lo stipendio viene pagato all’80% dall’INPS e al 20% dal datore di lavoro.
Il datore di lavoro anticipa comunque lo stipendio interamente, e l’80% gli viene rimborsato dall’INPS scontando i contributi che il datore di lavoro deve pagare per tutti i suoi dipendenti. Se si hanno pochi dipendenti, dato che probabilmente ciò che si paga di INPS sarà minore del rimborso dovuto, in pratica si anticipano all’INPS i soldi. A livello contabile quindi costa il 20%, ma come flusso di cassa costa il 100%, e l’80% verrà poi rimborsato sotto forma di sconto dell’INPS.
Esempio, con numeri molto semplificati e non reali: ho due dipendenti, un apprendista part-time e uno full-time che va in maternità. Il part-time prende 600 euro e io verso ogni mese 100 euro di INPS. Il full-time in maternità prende 2000 euro lordi. Nei 5 mesi pago quindi per la maternità 10000 euro, di questi 10000 l’INPS me ne rimborserà 8000, ma visto che io nei 5 mesi ne devo pagare solo 500 (5 volte i 100 per l’apprendista) , io ho un’uscita di cassa sui 5 mesi di 9500 euro per il dipendente in maternità. I 7500 euro restanti saranno spalmati in avanti, dunque nei mesi successivi non pagherò più INPS per i due dipendenti fino a esaurimento del credito.
La maternità facoltativa invece (ogni mese oltre ai 5) grava solo sull’INPS che paga al dipendente una percentuale dello stipendio (30%).
Naturalmente l’azienda dovrà assumere un sostituto per la maternità, ed è un possibile caso di applicazione del contratto determinato.
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