Un primo utilizzo semplice e libero di intùiti
Intùiti può essere usato come semplice fonte di ispirazione.
Conosco scrittori, musicisti, pittori, attori di teatro che hanno scelto di utilizzare il mazzo in maniera completamente libera: a volte senza nemmeno leggere favole e imperativi, si limitano a mescolare tutte e 78 le carte e a pescarne una o due per lasciarsi ispirare da forme e colori. I loro commenti sono entusiasti e assicurano di trarre dallo strumento un grande beneficio. Anche Italo Calvino ha usato i tarocchi liberamente, senza conoscerne i significati divinatori, per scrivere Il castello dei destini incrociati con profitto. È una pratica assimilabile a quella del Pensiero Laterale, secondo la quale si seguono suggestioni esterne, spesso casuali, per raggiungere la soluzione non in maniera diretta ma, per l’appunto, laterale. Lo stesso tipo di logica viene adoperata con le Strategie Oblique di Brian Eno e con altri strumenti che propongono gli stimoli più disparati. Una pratica quasi esasperata del pensiero laterale consiste nell’andare al supermercato per subire il bombardamento degli input presenti sugli scaffali. Chiaramente utilizzare Intùiti in questa maniera ha senso, soprattutto se si pensa che, invece di subire la suggestione di impulsi casuali, ci si pone di fronte a una serie di archetipi ben strutturata.
Posso voltare la carta IIII e scrivere la storia di un eroe grasso e tondo che combatte un vecchio tiranno fissato con la geometria, oppure potrei voltare la carta numero XII e pensare a come sarebbe il racconto che non riesco a concludere se le prospettive fossero completamente rovesciate: che accadrebbe a riscriverlo dal punto di vista del cattivo? O del paggio che segue il cavaliere? E se a questo ci accoppiassi la carta 101 e, leggendo la favola, mi rendessi conto che forse il cavaliere ha una spada che non dovrà mai usare? Anzi, forse il cavaliere non è mai andato in battaglia e non ci andrà mai. Starà per tutto il tempo a parlare con il suo paggio di una guerra che non arriverà davvero! Non è un po’ lo stesso concetto di Aspettando Godot di Beckett?
E se fossi un pubblicitario in cerca dell’idea per una campagna che ha appena pescato la carta 108?
Forse ho inteso il brief che mi è stato dato in maniera troppo limitante? Quel disegno non assomiglia proprio a una gabbia? Sono per caso in quella gabbia anche io? Che mi sia fissato su qualche preconcetto? Non potrei pensare per un momento a quello che io penso sia giusto per la campagna, dimenticandomi dei desideri iniziali del cliente?
Poi pesco la numero II ed ecco che mi dà la sensazione di un lavorio intenso e distante da occhi indiscreti, come se il brand in questione si fosse ritirato per anni dentro una fabbrica lontana, sulla luna forse (rido anche pensandoci), e allora penso: se fosse proprio quello lo spot? Una fabbrica lunare dove qualcuno ha lavorato anni in segreto per dare al mondo un prodotto innovativo?
Ho scritto gli esempi sopra in questo preciso momento, tra le nove e le nove e un quarto di un martedì mattina, girando un paio di carte a caso sul mio tavolo della cucina. Va da sé che, perché funzioni, è necessaria una buona dose di fantasia e apertura.
Come capita spesso, la troppa libertà spaventa e inibisce quindi, nonostante l’apparente semplicità del modo d’uso, viene richiesto all’utilizzatore una notevole capacità di mettersi in gioco.
Detto questo, pescare una o più carte in maniera casuale è un sistema valido e proficuo, che può essere adottato in qualsiasi momento della giornata, sia sul luogo di lavoro che nel tempo libero, anche senza una ragione precisa. Bisogna solo avere il coraggio e l’umiltà di approcciarsi a Intùiti come potrebbe fare un bambino, girando le carte pieni di un sano desiderio di stupore.